Risvegli Una nuova cultura

La Grande Dea. La storia rivisitata dell’ antica Grecia e il Matriarcato delle origini

Scritto da Cristina Bassi

Michael Michailidis e Adamantios Petritsis sono i creatori del canale YouTube Ancient Greece Revisited, su cui danno vita a una visione della Grecia che va contro la versione degli ellenisti britannici, resa universale fino ai giorni nostri. Raccontando e reinterpretando i miti greci, sollevano il veloe rivelano una Grecia antica che è stata molto fraintesa.
L’articolo che qui traduco nel seguito, dal sito di Graham Hancock che ospita gli autori succitati, esplora le tracce della “Grande Dea” presenti nella mitologia ed esamina il suo posto nei cuori e nelle menti degli antichi.
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Nel 1861, a Basilea, apparve un libro. Si intitolava “Das Mutterrecht” (lett. Il Ditritto della Madre) e, attraverso le sue oscure pagine, proponeva una teoria controversa ma innovativa, ovvero che tutte le culture umane, molto prima di sviluppare le strutture patriarcali che conosciamo oggi, erano nate come matriarcati [1].

L’autore era un antiquario e professore di diritto svizzero, Johann Jakob Bachofen, e il suo libro fu giustamente intitolato “Diritto della madre”, in riferimento a quello che egli riteneva essere il “contratto sociale” originale delle prime culture umane.

Il clima storico in quel periodo era tutt’altro che neutrale. Dopo la Rivoluzione francese e le prime vittorie di Napoleone, un’ondata di nazionalismo aveva investito il continente e nuove nazioni stavano iniziando a formare la mappa dell’Europa come la conosciamo oggi.

Custode della Genesi — Libro

Insieme a questo cambiamento è nata l’esigenza di una nuova narrazione storica, che potesse collegare queste nuove nazioni alla linea della storia europea, e l’archeologia ha iniziato a essere un obiettivo primario.

Un momento decisico in questi sviluppi fu raggiunto dopo un breve decennio dalla pubblicazione di “Mother Right”, quando l’uomo d’affari tedesco e archeologo autodidatta Heinrich Schliemann, scoprì in Turchia il sito di un’antica fortezza, che riteneva essere il luogo originario di “Ilion”, il mitico castello di Troia che ispirò la prima epopea di Omero: l'”Iliade”.

Quando le notizie raggiunsero la sua patria, la Germania, le scoperte di Schliemann cominciarono ad assumere un nuovo significato: quello di una “alternativa pagana” al mito delle origini dell’Europa cristiana, mentre i suoi ammiratori dipingevano i primi greci di Omero come parte di una cultura “proto-ariana”, un mondo patriarcale di re guerrieri”. [2].

Sante, Dee, Martiri — Libro

Ma mentre le teorie di Schliemann su un patriarcato preistorico, una cultura guerriera come quella descritta da Omero, si dimostrarono corrette, nulla relativamente ad un matriarcato preistorico era ancora supportato da prove.

Così, nel 1896, mentre le ultime truppe turche stavano lasciando la Creta liberata, il destino lasciò il compito a un archeologo inglese: Arthur Evans, che per prima cosa riuscì a ottenere i permessi necessari dal governo appena insediato… e iniziò a scavare.

Poco dopo, nell’estate del 1900, Evans si imbatté nelle rovine di un palazzo che, come la Troia di Schliemann, apparteneva all‘età del bronzo greca, mille anni prima della costruzione del Partenone.

I frammenti ritrovati sulle mura del palazzo sembravano raffigurare un gruppo danzante di giovani uomini e donne che giocavano seminudi nella natura, mentre la scoperta più importante per dimostrare l’esistenza di un matriarcato arcaico furono i due idoli femminili che trovò tra le rovine del palazzo, raffiguranti una sacerdotessa o una dea a seno nudo che teneva un serpente in ogni mano.

Alla vista di questi reperti, Evans si convinse di aver raggiunto il luogo di una cultura di tipo “Diritto della Madre” e, pieno di entusiasmo, commissionò un progetto di restauro così radicale che in seguito avrebbe messo in serio dubbio la sua integrità scientifica.

Alcuni, infatti, si spinsero a sostenere che Evans non avesse scoperto, quanto piuttosto inventato la sua nuova cultura. Ma nonostante tutti i dubbi, il nome che questo romantico inglese diede alla civiltà appena scoperta sarebbe rimasto e da allora avrebbe descritto l’età del bronzo cretese: “Civiltà minoica”.

I Minoici in America — Libro

Tuttavia, al di là di quali siano i veri dettagli storici, se si rivolge l’attenzione alla mitologia greca, si possono sentire gli echi di quello che sembra essere un “dialogo” tra due culture distinte: una orientata verso la Terra, più mistica e persino femminile, e l’altra che adora il cielo, guerriera e mascolina [3].

In diverse leggende, Zeus, il dio del cielo per eccellenza, è immaginato mentre violenta giovani fanciulle che hanno una stretta somiglianza con le dee “minoiche”. Una di queste leggende è quella della nascita di Dioniso.

Lì Zeus si innamorò di Semele, una giovane e bella mortale il cui nome è stato ricondotto etimologicamente a una prima forma della parola greca “terra”. Una “divinità della terra”, forse, che un tempo poteva essere suprema nel suo stesso pantheon, molto prima che i Greci indoeuropei o i Dori scendessero dal nord portando il loro dio del tuono.

Zeus scese dalle cime delle sue montagne e nell’abbraccio di Semele si trasformò in un mortale. Grazie alla loro unione, Semele avrebbe concepito un figlio, ma Era, la gelosa moglie di Zeus, tentò Semele perchè chiedesse al dio del cielo di rivelarsi nella sua forma divina, anziché umana.

Purtroppo l’inganno fu mortale e quando Semele insistette per vedere Zeus nella sua vera forma, egli esplose in un lampo, bruciando Semele al suolo. Addolorato, Zeus ebbe pietà del loro bambino, ancora nel grembo della madre morta, e lo pose all’interno della sua coscia, da dove sarebbe nato come Dioniso.

Il mito raccontato, così come molti altri, mostra le tracce di un’unione tra i “minoici”, adoratori della terra, riscoperti da Evans, e i greci dorici, giunti nella penisola greca dal nord intorno al XII secolo a.C..

Simboli di Vita e di Morte — Libro

Quello che seguì è spesso chiamato il “crollo dell’età del bronzo”, un evento storico in cui i principali centri urbani furono abbandonati e la scrittura fu dimenticata per i successivi 200 anni.

Nell'”Iliade” di Omero, la prima delle sue due grandi epopee, troviamo un mondo di re guerrieri praticamente analfabeti, forse discendenti di questi primi indoeuropei greci. Ma mentre nell’Iliade le donne sono presentate come trofei da passare tra i guerrieri, nella seconda epopea di Omero, l’Odissea, troviamo il risorgere della Grande Dea sotto forma di potenti streghe.

Lì, sentiamo parlare di Ulisse, un guerriero che ha combattuto contro Troia, ora ridotto in un naufrago che cerca disperatamente di ritrovare la strada per Itaca, il suo regno insulare. Lasciata Troia, Ulisse aveva saccheggiato una città sulla via del ritorno e Poseidone, dio del mare, lo aveva punito con una tempesta che lo aveva portato fuori rotta. Seguirà una serie di incontri con personaggi femminili, le streghe, che, a differenza delle fanciulle di Troia, appaiono ora più potenti persino degli uomini che cercano di conquistarle.

Nel primo di questi incontri troviamo Circe, una maga che incanta gli animali con la sua voce e che trasforma gli uomini di Ulisse in maiali. Ulisse la sconfigge non con la forza ma con l’astuzia e con l’aiuto del dio Ermes, un dio-ingannatore piuttosto che un guerriero.

Circe indica a Ulisse la strada per gli inferi, il regno della mistica femminile, dove incontra i suoi vecchi amici che insieme hanno combattuto contro Troia.

La seconda incarnazione della Grande Dea nell’Odissea è Calipso. A differenza di Circe, è serena e accogliente e ospita Ulisse nella sua remota isola, offrendogli il dono dell’immortalità se solo fosse rimasto con lei.

Ulisse rifiuta e tenta ancora una volta di tornare, ma naufraga di nuovo sull’isola dei Feaci. Giunto a riva, Ulisse vede una giovane ragazza: Nausica, figlia del re, che aiuta Ulisse a raggiungere il padre. Da lì, Ulisse ritrova finalmente la strada del ritorno e l’abbraccio della moglie ancora fedele.

Si noti come queste donne formino una sequenza: dalla malvagia strega Circe alla dolce dea Calipso, fino alla purezza assoluta di Nausica. È come se Ulisse imparasse a vedere il femminile in termini sempre più accettanti, senza più avere paura.

Dee — Libro

Per alcuni interpreti di questo mito [4], le Odissee funzionano come un “motore di trasformazione”, in cui la vecchia cultura dorica, che ha conquistato il mondo minoico dell’età del bronzo, ha lentamente compreso e incorporato le parti più vitali.

Un altro grande mito che illustra questa trasformazione è la nascita di Atena. Ci viene raccontato che Zeus, il dio indoeuropeo del tuono, giacque con Metis; una dea la cui capacità di trasformarsi in qualsiasi animale desiderasse ci ricorda le prime statuette minoiche chiamate collettivamente “Signora delle Bestie”.

A Zeus era stata fatta una profezia che prevedeva la sua caduta da parte di uno dei suoi stessi figli e così, quando Metis rimase incinta, Zeus la sfidò a mostrare i suoi poteri trasformandosi in una mosca. Ahimè, si trattava di un trucco del dio del tuono, perché quando la ragazza riuscì a volare intorno a lui, Zeus la inghiottì insieme al figlio che portava in grembo.

Giorni dopo, Zeus stava passeggiando con disinvoltura vicino a un lago, quando la testa cominciò a dolergli terribilmente. Urlando in agonia, chiamò Efesto, il fabbro degli dei, che alzò il suo potente martello e spaccò il cranio di Zeus, dal quale uscì il bambino che aveva quasi distrutto: una donna, nientemeno, ma con tutti i tratti maschili di un guerriero.

Il suo nome era Atena e la sua statua avrebbe adornato la città di Atene durante il suo massimo splendore nel V secolo a.C..

Anche in questo caso, assistiamo a un atto di trasformazione, addirittura di “metabolismo”, in cui i Dori conquistatori non riuscirono a “digerire” del tutto le culture altamente sviluppate che li precedevano e furono semplicemente costretti a dare vita a qualcosa di nuovo.

Quel “qualcosa” era… la Grecia classica, una cultura che incorporava l’etica guerriera di Omero con gli elementi più colti dell’età del bronzo minoica. Questo non significa, ovviamente, che le donne siano state poste nuovamente in una posizione di parità. Ma i miti non lavorano necessariamente sul piano della storia, bensì sull’inconscio collettivo delle persone che li creano. Questo non significa nemmeno, d’altra parte, che i miti avvengano solo “dentro la nostra testa”.

Dei e Semidei — Libro

Piuttosto, il cambiamento nel tipo di storie che raccontiamo tradisce un cambiamento profondo e spesso duraturo negli atteggiamenti collettivi che abbiamo. Allo stesso modo, l‘assimilazione della Dea nella mitologia greca deve avere qualcosa a che fare con il fatto che solo dopo la nascita di Atena e il ritorno di Ulisse a casa da sua moglie, la cultura che conosciamo come Antica Grecia raggiunse il suo pieno potenziale.

Fonte: https://grahamhancock.com/michailidispetritsis2/

traduzione : M.Cristina Bassi per www.thelivingspirits.net

References3

[1] J.J. Bachofen. Myth, Religion, and Mother Right (Princeton University Press 1992.)

[2] Cathy Gere. Knossos and the Prophets of Modernism (Kindle Location 152-158). Kindle Edition.

[3] Jane Harrison, Prolegomena to the Study of Greek Religion, Chapter 1: “Olympian and Chthonic Ritual.” Princeton, NJ: Princeton University Press, 1991.

[4] Campbell, Joseph. Goddesses: Mysteries of the Feminine Divine (The Collected Works of Joseph Campbell Book 6). Joseph Campbell Foundation. Kindle Edition