In questi giorni stavo trattando in remoto un “progetto” di un cliente: un cambio di posto di lavoro.
La persona aveva ricevuto un primo riscontro dall’azienda, alla cui inserzione aveva risposto; in questo primo riscontro gli si comunicava interesse e apprezzamento per il suo profilo.
Ecco quindi la fase di attesa, nella quale mi chiede di intervenire. Imposto così un trattamento ad hoc per il tema, allo scopo di concludere positivamente questa sua candidatura: è già noto nome e cognome dell’azienda e luogo di attività.
Poichè tutto è frequenza e vibrazione, anche una idea, un progetto, una situazione lo sono. In aggiunta, ad esse sono collegate emozioni, appunto frequenze. “Reale” non è certo solo cio’ che semplicemente codifichiamo come “solido”
Ma torniamo al mio cliente: dopo il primo trattamento, il giorno dopo, il responsabile della selezione gli manda un altro interessante e incoraggiante messaggio vocale (non è in Italia, usi e costumi potrebbero essere perciò diversi) in cui gli si conferma l’interesse per la sua posizione e gli si chiede con tono “cordiale” un po’ di pazienza, perché il suo inserimento richiede alcuni altri cambiamenti e spostamenti nello schema aziendale.
Ripeto quindi il trattamento pochi giorni dopo, ma resto un po’ sorpresa: è cambiata la fluidità, si rileva debole volontà e poca positività. Che sarà successo?
Procedo comunque con cio’ che ho impostato come trattamento e quando invio il feedback dopo la sessione, devo riflettere un attimo: se dico quel che ho percepito, c’è rischio di abbassare il suo livello di attenzione positiva sulla questione; tuttavia se allerto con una mia valutazione, altrettanto la persona potrebbe intervenire nel suo stato mentale sia per correggere qualcosa nel suo stato, nel corso degli eventi o per non restare troppo scoraggiata ed esaurire le sue energie mentali ed emozionali.
Ma soprattutto se dico… potremmo capire cosa era all’opera nella “realtà dietro la visibilità” immediata. Prendendomi il solito rischio, opto per dire quel che ho percepito e la mia valutazione, perché la spinta verso la verità (anche da scoprire) e la comprensione/conoscenza della realtà è per me sempre piu’ grande che il vantaggio personale immediato o la mistificazione per illudere e “far contenti”. (una versione invece molto collaudata da millenni e con successo). E’ un viziaccio, il mio, lo so, per giunta molto mal ripagato nel presente.
La sua risposta, mi chiarisce:
”Si, mi sento indebolito. Ho avuto rabbia e voglia di mandarli a farsi fottere, per non essere stati piu’ onesti (gli era poi giunto un altro messaggio: “stiamo valutando anche un altro candidato”, di cui io non sapevo nulla). Ho perso energia nella spinta verso l’obbiettivo e concentrazione”.
Il nostro pensiero influenza gli eventi
Ecco spiegato, affascinante in sé la cosa, il perché di questa “variazione” in motivazione-volontà-positività che avevo colto dal test-trattamento. E anche la ragione per cui era stato faticoso (in termini di tempo) rettificare in modo ottimale, i valori connessi alla “realizzazione di un obbiettivo”.
Ovviamente non ero presente, non conosco il “cacciatore di teste” che gli ha parlato, ma mi è parso utile dire al mio cliente che il “mercato” (particolarmente il suo, in UK, neoliberista per antonomasia) fa calcoli e non guarda alla persona in quanto tale, quindi forse inopportuno caricarsi anche del pensiero di essere “vittima” di prese in giro a livello personale. Restava la probabilità…che lo stesso atteggiamento di “opportunità e convenienza” sarebbe stato usato anche per un altro e non solo con lui.
La situazione è in corso di svolgimento mentre scrivo, non so ancora la decisione finale, ma quanto avvenuto è già un insegnamento sul come funziona la realtà e anche ovviamente quanto è difficile, realisticamente, ma non impossibile, influenzare la realtà a seconda di dove posizioniamo il nostro pensiero. Ma anche una cartina tornasole sull’operare del sistema SCIO, interfaccia con la Coscienza. SCIO aveva decodificato il vissuto e lo presentava in valori (numerici), ed io non sapevo questi dettagli.
“Noi siamo dove è il nostro pensiero” diceva Deunov (tra gli altri). In questa virtualità in cui siamo immersi (il lato piu’ ostico da accettare per la maggioranza delle persone), è piu’ facile seguire il copione impostato da altri per noi, che pensare di poter fare lo stesso con uno che ci auto impostiamo…
Le emozioni: come un veicolo che deve scorrere
Secondo tema importante su cui questa dinamica mi ha fatto riflettere: le emozioni. Poiché la persona ha aggiunto alle sue note di riscontro: “prometto che cercherò comunque di restare il piu’ positivo possibile”.
Ma mi ha colpito la “forza” … come un atto di volontà per essere “positivo”.
Certo l’influenza culturale del paese in cui viviamo o da cui veniamo, gioca sempre un ruolo, anche quando abbiamo capito tante cose oltre la conformità e le litanie del mainstream, come è il caso di questa persona; intendo con questo che sul tema “emozioni”, la mentalità inglese non è quella italiana, per esempio. Che l’anglo influenza del “be positive”, quasi come un ordine, è forse piu’ condizionante nella cultura anglosassone.
Le emozioni, merce cosi tanto venduta sul “mercato”, hanno bisogno di scorrere; vediamole come frequenze e come un mezzo per appunto “ esprimere”. Dovrebbero poter “trasportare” contenuti, sostanza, pensiero, concetti, invece sono diventate fini a se stesse. Con la conseguente confusione tra emozione e sentimento.
Anche la rabbia o qualsiasi altra emozione “negativa”: che senso ha reprimerla o negarla per “migliorarla? Nulla puo’ essere trasformato se prima non è visto e accettato. E’ il solito problema di identificazione: cio’ che ho, non è cio’ che sono.
“Io non sono l’emozione ma ho una emozione”. Un guaio se nel corso di una giornata siamo incastrati nella percezione di una sola emozione. Esse scorrono, vanno e vengono, si differenziano. Vederle – e quindi non essere una sola cosa con loro- permette di gestirle in un modo costruttivo e non lesivo.
M.Cristina Bassi per www.thelivingspirits.net
operatrice olistica disciplinata ai sensi della legge 4/2013,
I trattamenti di riequilibrio energetico qui citati non intendono sostituirsi a consigli, cure e diagnosi mediche. La scienza accademica non riconosce l’esistenza di energie sottili, pertanto ad oggi, con i criteri scientifici convenzionali, queste modalità non risultano dimostrabili secondo i parametri convenzionali.