Dal sito di Graham Hancock traduco parte dell‘articolo di Mike Oz, un ricercatore dell’occulto e della storia segreta, che riguarda la morte come affrontata nella tradizione Egizia e Tibetana. In prossimi articoli completerò la sua interessante panoramica.
In un tempo, dal 2020, in cui il plandemonio psy-op si è scatenato sulla parolina “morte”, sono riflessioni e conoscenze utili per i non compulsivi e i non robotici.
“Il processo di morire è parte del processo del vivere, accade in ogni momento, non solo alla fine della vita. I tibetani lo chiamano Bardo, o periodo intermedio, e hanno sviluppato tecniche sottili per sformarlo in un’occasione di liberazione”.
(fonte)

Una pagina del Libro dei Morti, che mostra il giudizio di morti operato da Osiride (PD0)
UN VIAGGIO NELL’ALDILÀ
Il viaggio dell’anima nell’aldilà era preso molto sul serio nel mondo antico. Era un viaggio che richiedeva un’abile navigazione e quindi era qualcosa per cui la persona doveva prepararsi nella sua vita fisica.
Gli antichi Egizi credevano nell’Aldilà e nella rinascita dell’anima, che vedevano come eterna. Alle anime che avevano vissuto bene la loro vita, Osiride indicava il percorso per rinascere.
Per raggiungere un aldilà ideale, bisognava compiere molte pratiche durante la vita sulla terra. I testi delle piramidi inscritti nella propria tomba, dapprima riservati ai faraoni, furono rapidamente assunti anche dai politici e dall’élite.
Questi spiegavano al defunto le indicazioni da seguire per completare il suo viaggio nell’aldilà. Il primo libro che descriveva come attraversare l’aldilà fu preso dalle istruzioni trovate nelle bare risalenti al 2100 a.C, che divenne noto come il Libro delle Due Vie.
Questo testo descrive la trasmigrazione del BA (Personalità) e dell’AKH (Anima) e descrive la terra dei morti, il paesaggio e i suoi abitanti. Qui troviamo l’ormai familiare Campo della Pace (Sekhet Hotep) che il defunto trova dopo aver percorso il classico “tunnel oscuro”, i sentieri di Rostau; per arrivare infine alla dimora di Osiride.
Per prepararsi a questa odissea, il Libro dei Morti Egiziano afferma:
La pratica della spiritualità implicava scoprire ciò che trascende il corpo e imparare ad attaccarsi a quella realtà trascendente come la verità, piuttosto che rimanere attaccati al corpo fisico e ai suoi desideri e impulsi, così come alle proprie emozioni attraverso gli alti e bassi dell’esistenza umana…
Il problema dell’esistenza umana è la dimenticanza dell’Essenza Divina del Sé e l’identificazione con il corpo come il Sé…
La salvezza è la liberazione dell’anima dalle sue catene corporee, il diventare un Dio attraverso la conoscenza e la saggezza, il controllare le forze del cosmo invece di esserne schiavo, il sottomettere la natura inferiore e grazie al risveglio del Sé superiore, porre fine al ciclo delle rinascite e dimorare con gli intrappolatori ce dirigono e controllano il Grande Piano.

Il Mandala (“Wheel of Life”- Ruota della Vita) rappresenta i “Regni del Desiderio” nell’Universo Buddhista. ‘Tibet Wheel of Life’ by Dennis Jarvis (CCBYSA2.0
IL LIBRO TIBETANO DEI MORTI
Non è solo nell’antico Egitto che troviamo manuali che guidano il viaggio dell’anima nell’aldilà. Il Libro tibetano dei Morti, conosciuto come il Bardo Thodol (Le esperienze dopo la morte sul piano del Bardo) è formalmente noto come la “Grande Dottrina della Liberazione Sentendo e Vedendo”.
Si chiama così perché insegna come attraversare l’aldilà e raggiungere lo stato di “Realtà” dopo molti viaggi attraverso uno “Stato di Sogno Intermedio”.
Il Libro ci insegna che durante il nostro passaggio vedremo visualizzazioni e ricordi “come un bambino meravigliato che guarda immagini proiettate su uno schermo”, il che mi ricorda le descrizioni classiche delle esperienze di pre-morte in cui agli individui viene mostrata una revisione della loro vita.
Il Libro Tibetano dei Morti è una lettura piuttosto estesa per i non iniziati, ma io sono avido di far capire ai lettori le sue istruzioni in quanto parlano alle esperienze NDE collettive ma sono veramente esaustive nelle modalità; ho trovato che il modo migliore per trascriverle è quello di conservare la sinossi (compendio, o riassunto, di un’opera letteraria, volta ad enucleare la struttura centrale e le sue articolazioni, ndt) nell’Enciclopedia Buddista Cinese che spiega le tre fasi dell’aldilà o Bardo:
Il PRIMO BARDO
A seguito di questo [la morte], inizia l’esperienza del primo bardo dell’aldilà. Tuttavia, per la maggior parte degli individui, passa in una frazione di secondo e passa inosservato.
Solo coloro che si sono addestrati e hanno praticato la meditazione, la preghiera contemplativa e simili discipline spirituali saranno probabilmente consapevoli del primo stato di bardo.
Per alcune di queste anime fortunate, ci saranno diverse opportunità di incontrare esseri spirituali ed entrare nei regni degli esseri illuminati.
Una descrizione del tipo di meditazione fatta dai praticanti avanzati, consiste in uno sforzo cosciente di “dissolvere lo spazio in luce”, che se avrà successo, spingerà l’anima morente in uno stato di luce e beatitudine, oltre i continui cicli di nascita e morte a cui la maggior parte delle anime sono soggette.
Per coloro che hanno meno familiarità con tali pratiche di meditazione formale, l’atto del ricordare una luce molto brillante (come, per esempio, ricordare un’esperienza di fissare il sole) e vedere quella luce come una fonte di pura consapevolezza o amore divino, potrebbe produrre un effetto simile.
…. Il varco spirituale che si apre brevemente al momento della morte, presenta una meravigliosa opportunità per coloro che possono controllare i loro pensieri quando inizia il primo bardo.
Questo è probabilmente il motivo per cui c’è una credenza popolare comune nella tradizione Hindù, che pone molta enfasi sul controllo e la direzione dell’ultimo pensiero della persona morente.
Se questo pensiero è forte, chiaro e di natura spirituale, può permettere alla persona di entrare attraverso questa porta in un mondo spirituale immediatamente al momento della morte, ed evitare così la confusione del secondo bardo.
Il SECONDO BARDO
Se il primo bardo passa e i tentativi di accedere agli stati spirituali non hanno avuto successo, inizia il bardo successivo. Il secondo bardo o il “bardo del divenire” è uno stadio in cui si dice che i desideri dell’individuo portano l’anima in gran parte indifesa attraverso una grande varietà di intensi stati emotivi.
I buoni pensieri portano grande beatitudine e piacere, e i pensieri odiosi o negativi portano grande dolore e desolazione. L’anima rimbalza da un pensiero all’altro mentre un torrente di pensieri e sentimenti arriva come una cascata.
Si dice che le abitudini di pensiero e i desideri esistenti definiscano in questo modo l’esperienza dell’anima nell’aldilà. L’anima esperta nel viaggio spirituale ha meno probabilità di essere disorientata da questo torrente interiore di esperienza psichica.
Per dirla in un altro modo, mentre il viaggiatore spirituale o lo yogi nuota nell’oceano della coscienza, l’anima inesperta può sentirsi più come se stesse annegando in quell’oceano. Ma come accade per una persona che sta annegando, la cosa più importante è avere una direzione in cui nuotare per mettersi in salvo.
Il punto di orientamento o la meta per la persona nel secondo bardo può essere una divinità, un mantra, una preghiera, un paradiso, una guida, o qualche altra meta spirituale simile, ma il viaggiatore spirituale deve essere capace di concentrarsi e muoversi verso quella meta usando tecniche meditative imparate e praticate durante la sua precedente vita nel mondo fisico.
Questo è l’approccio attivo del viaggiatore spirituale. I maggiori problemi dell’anima nel secondo bardo sono le emozioni negative come il senso di colpa e la paura (che deriva dalla mancanza di familiarità con i mondi interiori), e la mancanza di controllo cosciente sulla propria esperienza.
La paura è particolarmente dannosa perché frammenta il sé, rendendo la concentrazione su una cosa difficile o impossibile, e questo può portare alla confusione e alla perdita del controllo cosciente.
L’anima, nel secondo bardo, viene intrappolata molte volte in uno stato di sogno, ed è a volte inconsapevole di essere morta, e incapace di intraprendere azioni per elevare il suo stato di coscienza ad un livello soglia di consapevolezza, dove può dirigere la sua attenzione verso gli stati spirituali.
Per coloro che sono abbastanza fortunati da essere più coscienti in questi stati di bardo, si può fare una petizione a un dio, guru, guida, santo o intercessore, nella speranza che l’individuo sia sollevato o guidato fuori dai mondi di bardo da una di queste entità.
Ma anche qui, la richiesta deve essere concentrata e serve avere una sviluppata capacità di ignorare il caos circostante.
Quando tale grazia viene data, è una forma di salvezza in cui l’individuo viene salvato da un’entità potente, dal disagio e dalla confusione del “buio esterno” del bardo; di solito si tratta di una entità con cui gli individui hanno formato un legame nella loro vita precedente.
Per usare l’analogia del nuoto, qui l’individuo chiama un bagnino nella speranza di essere salvato dalle acque turbolente dello stato bardo. Questo è l’approccio più passivo del devoto.
Questo è uno dei motivi per cui è importante fare una pratica spirituale regolare durante la vita. Fare meditazione o preghiera ogni giorno stabilisce un modello di attività spirituale. Poi diventa automatico e l’abitudine di cercare la realtà divina continua durante lo stato dopo la morte dove può avere risultati potenti.
Dovremmo anche rilevare, che le anime in questo bardo si pensa siano molto sensibili ai pensieri e agli atteggiamenti di coloro che hanno conosciuto in vita. I Tibetani mettono quindi grande impegno nel fare canti, letture di testi sacri e altri rituali religiosi per aiutare l’anima morente nel suo viaggio nell’aldilà.
Pregare per la pace e la felicità della persona morente ha quindi un grande valore e fornisce un beneficio sia ai vivi che ai morti. Questo processo di inviare buoni auspici a coloro che sono morti di recente, può creare un’atmosfera spirituale positiva che può orientare e portare pace alla persona nel regno del bardo, e può anche contrastare parte del dolore e del turbamento che accompagna la perdita di una persona cara.
IL TERZO BARDO
Il terzo e ultimo bardo consiste nello stadio della reincarnazione in cui l’anima entra e si ferma in un altro corpo per iniziare una nuova vita, spesso ma non sempre nel mondo fisico.
I buddisti tibetani credono che il mondo più desiderabile in cui nascere sia il mondo fisico, poiché offre la maggiore opportunità di crescita e realizzazione spirituale. Il terzo bardo consiste in una serie di immagini determinate dal karma dell’anima che portano a vortici psichici che attirano l’anima in un grembo.
La reazione dell’anima alle immagini (attrazione o repulsione) determina quale vortice l’anima entra e in quale grembo l’anima finisce. La tradizione tibetana dà consigli dettagliati su quali rappresentazioni scegliere e quali evitare per ottenere una rinascita desiderabile.
Una volta rinati, il karma dell’impulso si manifesta per influenzare le azioni e le reazioni della persona nella sua nuova vita. Questa capacità di scegliere una buona incarnazione richiede discriminazione e un certo grado di consapevolezza cosciente.
L’approccio new age alla reincarnazione che sostiene che noi scegliamo la nostra nuova incarnazione è idealistico e non sempre vero da questo punto di vista. Molte anime disperate di sfuggire alla confusione del secondo bardo si aggrappano alla prima opportunità che si presenta come un nuotatore che afferra un tronco in rapide pericolose nella speranza di arrivare ad acque più calme.
Scegliere il primo oggetto (o incarnazione) che si presenta può non essere la scelta più saggia.
Si dice che una persona media passi un periodo di circa quarantacinque giorni nel secondo bardo. Tuttavia, le anime passionali con forti desideri o quelle responsabili di atti malvagi nella loro vita più recente si dice che si reincarnino quasi immediatamente.
In casi eccezionali, l’individuo può rimanere nello stato di bardo per periodi più lunghi, ed essere trascinato nelle sue correnti in attesa di rinascita.
Se l’individuo non si reincarna nel mondo fisico, andrà in uno degli altri cinque mondi di rinascita. Questi sono i mondi del cielo, dell’inferno, dei fantasmi affamati, degli asura e degli animali.
Si ritiene che ognuno di questi mondi sia limitato e inferiore all’ottenimento di un altro corpo nel mondo materiale. Questo perché esistono principalmente per ricevere il karma buono o cattivo (i risultati delle azioni precedenti), e non sono considerati luoghi per creare nuovo karma.
– fonte: The Chinese-Buddhist Encyclopedia- L’enciclopedia cinese-buddista
Il Libro Tibetano dei Morti spiega che, sia che si sia Indù, musulmani o cristiani, le esperienze del Bardo saranno forme-pensiero nello stato di sogno, adeguatamente diverse.
Ciò che accomuna sia il Libro dei Morti Egiziano che il Libro dei Morti Tibetano, è che il defunto sarà presentato davanti a una divinità (rispettivamente Dharma-Raja e Osiride) che metterà davanti a loro la Bilancia della Vita e peserà il loro cuore (coscienza) contro una piuma (verità/giustizia).
Proprio come nel mito di Er narrato da Platone (affrontata nella prima parte di questa ricerca), che descrive un giudizio simile, entrambi parlano di due percorsi, dopo l’avvenuto giudizio: una che porta al Paradiso e una che porta a un luogo di punizione.
Molti lama tibetani altamente colti, seguendo le istruzioni del Buddha su come rivivere le loro precedenti incarnazioni sulla terra, attraverso lo stato profondo della meditazione, possono vivere il processo naturale di vita, morte e rinascita.
fonte: https://grahamhancock.com/ozm3/
traduzione e sintesi: M.Cristina Bassi per www.thelivingspirits.net