La scoperta non mette in discussione il “dogma centrale” del DNA mitocondriale, ossia la legge secondo cui il mtDNA viene trasmesso solo per via materna, ma indica che ci sono ancora da comprendere alcuni dei meccanismi che sovrintendono alla trasmissione mitocondriale.
Gli spermatozoi infatti hanno pochi mitocondri, che si solito non riescono a penetrare nella cellula uovo. E se pure qualcuno ci riesce, entrano in azione dei meccanismi che li distruggono.
Studiando alcuni giovanissimi pazienti colpiti da sintomi di patologie mitocondriali, Taosheng Huang e colleghi hanno individuato 17 casi, appartenenti a tre famiglie diverse e non imparentate tra loro, in cui era stata trasmessa per via paterna una parte significativa del DNA mitocondriale.
In quei casi la percentuale di DNA mitocondriale paterno era sufficiente a provocare alcuni sintomi della malattia mitocondriale, che non diventava conclamata solo perché era presente anche mtDNA materno sano.
I ricercatori hanno ripetuto le analisi con tecniche differenti e in laboratori diversi per assicurarsi che non si trattasse di un errore di laboratorio o di contaminazioni del materiale.
Secondo Taosheng Huang e colleghi, il fenomeno potrebbe essere legato a una mutazione in un gene che produce un enzima preposto proprio alla distruzione dei mitocondri paterni penetrati nella cellula uovo.
Tuttavia, se la mutazione si limitasse a disattivare la distruzione di quei mitocondri, la percentuale di mtDNA paterno nei soggetti esaminati non avrebbe dovuto superare lo 0,1 per cento di tutto il DNA mitocondriale della cellula, mentre in diversi casi raggiungeva alcune decine di punti percentuali.
Per questo i ricercatori sospettano che il gene in questione sia coinvolto anche nella replicazione del DNA presente nei mitocondri.